Articoli

Panettone: amore a primo morso

Prosegue a mia collaborazione la food writer più divertente del web! Un Tocco di Zenzero pubblica oggi il mio articolo sul panettone facendo seguito al suo motto del momento: Spread the love.
L’aura di leggenda e mistero che avvolge la nascita di una tradizione ultracentenaria quale quella del panettone è così spessa che potremmo tranquillamente tagliare anche quella con il coltello e farne fettine gustose da far scrocchiate sotto i denti.
A qualsiasi di queste vogliate credere sarà bene ricordare che fin dal 1895 il panettone milanese veniva citato in una raccolta di racconti di Emilio De Marchi dal titolo Vecchi giovinastri dove si racconta di come il cartoccio ben avviluppato nella carta velina che ne doveva proteggere la freschezza veniva scartato per (finalmente) gustarlo e si scoprì che… non trattavasi del buon pane dolce bensì di un cappello
Questo ci fa capire come uno dei simboli più conosciuti del Natale italiano fosse tenuto in gran considerazione non solo per il palato ma anche per gli occhi.

Così come nell’antichità, ancora oggi il panettone dovrebbe essere servito intero, per preservarne la fragranza e il bell’aspetto e tagliato al momento lasciando all’occasione (e al commensale) la dolce incombenza di servirsi di una fettina da formica svizzera o di un pezzettone da impareggiabile golosastro (ammetto di appartenere a quest’ultima categoria).
In ogni caso questo dolce pane delle feste ricco di uvetta e canditi può tranquillamente essere mangiato con le mani, così come avviene per il pane normale, staccandone piccoli pezzetti che verranno gentilmente introdotti nelle nostre capaci fauci, senza avventarvi sopra i canini a mo’ di novello Dracula. 
Tutto ciò a patto che non vi siano ghiotti intingoli di farcita o di contorno. In questo caso la forchetta si renderà assolutamente necessaria per salvaguardare igiene e dignità.

E per i giorni ia seguire ricordo che fin dai primi del ’900 lo scrittore Gerolamo Rovetta decretava “Caffè latte e panettone è una colazione da papa!”. 
Provare per… gustare!

Il bon ton del Puzzone di Moena… con un tocco di zenzero!

Viva la cucina e viva il bon ton con un… tocco di zenzero!

Oggi:
Il bon ton del Puzzone di Moena

Formaggio, croce e delizia di numerosi amanti della tavola che, tentando di destreggiarsi tra le indicazioni dei gourmet, le ormai onnipresenti intolleranze e la bramosia di un assaggio immediato, si avventano con ingordo desiderio verso il tagliere di queste prelibate leccornie, incuranti dei moniti dell’odiato (e dispendioso) dietologo che sentono riecheggiare nell’orecchio simili al grillo parlante del compianto Pinocchio. Senza contare, ahimè, che vi è pure la questione “galateo della tavola” da tener presente. 
Ecco come offrire, mangiare e godere del formaggio in (soli) cinque punti: 
1) Tempo – Per poter servire i formaggi gustandone il meglio della loro intrinseca bontà sarà opportuno toglierli dal frigorifero almeno un’ora prima del del consumo, ricordandosi che opere d’arte come il Gorgonzola o il Puzzone di Moena potrebbero togliere temporaneamente a voi, grandi chef di casa, il prezioso dono dell’olfatto. Dato che anche gli ospiti sono certamente dotati di questo senso, spesso tanto bistrattato, sarà bene mantenere i nostri tesori debitamente coperti per evitare subitanei svenimenti da parte di chi non gradisse l’offerta, appena varcata la soglia di casa.
2) Varietà – Siccome, come si è detto, non tutti sono estremamente amanti dei formaggi particolarmente saporiti, se deciderete di offrirli a tavola sarà il caso di prepararne un certo numero (almeno quattro varietà) su di un apposito piatto o tagliere, disposti già in sequenza, dal più delicato al più pungente, anche se a volte ciò è di difficile identificazione.
3) Ad ognuno il suo – Sarebbe auspicabile, anche se a volte poco praticabile, preparare un coltello apposito per ciascun pezzo di cacio, soprattutto nelle situazioni formali. Qualunque sia il vostro momento conviviale cercate comunque di prevederne almeno quattro diversi: uno classico a goccia per aprire i formaggi a struttura granulare (Parmigiano e Grana) uno a lama rigida per i formaggi “duri”, uno più flessibile per quelli a pasta morbida ed infine una spatola per i formaggi molli.
4) Taglio perfetto –  I formaggi tondi si tagliano a raggiera, esattamente come le torte, mentre quelli già presenti in grosse fette si incidono per il lato lungo in modo che ogni commensale riceva una parte di crosta, quando questa è presente. Ricordatevi che, visto che il bon ton della tavola esigerebbe che il formaggio venga servito una sola volta, sarà bene prenderne moderatamente, evitando di mollare al commensale accanto solo i rimasugli.
5) Coltello sì, forchetta ni – Al contrario di come avviene per la maggior parte delle pietanze normalmente il formaggio non si mangia con la forchetta, bensì con il coltello. Se ne taglia un piccolo boccone e lo si appoggia, sempre usando il coltello, su un pezzo di pane che servirà poi per introdurlo nelle nostre capaci fauci. Ciò si rivelerà particolarmente utile per i formaggi morbidi e cremosi mentre per quelli duri, o comunque di difficile gestione, sarà certamente consentito utilizzare la forchetta per evitare che pezzetti del prezioso cibo schizzino veloci come proiettili sulla tovaglia di lino o peggio sulla camicetta della signora di fianco.
Per concludere…Degli abbinamenti non mi è dato parlare. Scegliete pure ciò che più vi aggrada: noci, frutta, marmellate et similia. Personalmente io li preferisco al naturale ma visto che il galateo imporrebbe di gustarli solo a pranzo e non a cena avrete (avremo) molto più tempo per smaltire le calorie accumulate e non piangere poi lacrime… di taleggio!