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Sorridere al telefono per vivere felici

Sarà capitato un milione di volte: interlocutori insistenti che fanno squillare il telefono per ore interminabili nella speranza (solitamente vana) che qualcuno risponda all’altro capo del telefono. 
Il bon ton dice che bisognerebbe rispondere entro un tempo ragionevole evitando di far venire la barba bianca a chi ha l’orecchio appeso al telefonino dall’altra parte. In l’ambito professionale l’optimum sarebbe entro 3 squilli.  
Certo è che quando siamo noi a chiamare dovremmo limitarci a “far suonare” non più di cinque volte, pena la possibilità di venire apostrofati in malo modo come gli scocciatori di turno! 
Chi chiama è strettamente tenuto a salutare con un buongiorno o buonasera (ci mancherebbe altro) e a dire il proprio nome perché possa essere riconoscibile immediatamente, altrimenti si rischiano quelle scene patetiche che vedono l’interlocutore chiamato mentre cerca angosciosamente nei cassettini della mente per provare a capire con chi stia parlando. 
A questo proposito sarà bene ricordare che sarebbe consigliabile accertarsi che la persona che stiamo cercando non sia effettivamente impegnata in attività importantissime come ad esempio: pettinare le giraffe (cit.). D’altro canto un “No, non mi disturba affatto” potrebbe rimandare la mente al film di Verdone “Viaggi di nozze” dove Raniero si faceva disturbare in ben altre attività! 
Da evitare al massimo grado il fatidico “Dica…” stigmatizzato anche da trasmissioni umoristiche di ampio respiro. 
La cosa migliore sarebbe quella di sorridere graziosamente. Sorridere al telefono, direte voi? Certo! 
Che siano chiamate in entrata o in uscita adottare il così detto “sorriso telefonico” ci aiuta a mettere l’altro a proprio agio. Questione non sempre semplice, lo ammetto, soprattutto quando si debbono sorbire ottomilioni di chiamate ogni giorno o, come capita spesso alle signore se si viene raggiunte dal malefico squillo mentre si rincasa piene di sacchetti della spesa appesi fin’anco all’orecchio, o quando il tacco a stiletto (quello delle scarpe comprate con grande, enorme soddisfazione ai super saldi svuota-tutto perchè assolutamente, eccessivamente care!) si è appena incastrato nelle grate della metropolitana o ancora quando il bambino comincia a piangere gonfiando i polmoni a dismisura, tanto da fare invidia al compianto Pavarotti. 
Tant’è. Consiglierei però di fare una prova e di conteggiare quante telefonate si concludono in modo favorevole se si riesce comunicate una certa positività attraverso il tono della propria voce e quante invece terminano con i mugugni. Non ci sarà paragone! 
Se la telefonata è indirizzata a voi e proprio non potete star lì a chiacchierarvela, il modo migliore per suggerire all’altro di rimandare la conversazione è l’utilizzo di un incipit comunque positivo “Buongiorno, che piacere sentirla! Purtroppo sono impegnato in questo istante, la posso richiamarla così parliamo con più calma?” 
Se invece siete costretti a lasciare in attesa l’interlocutore evitate di farlo utilizzando una di quelle musichette noiosissime. Negli anni ‘80 andava di modissima la classica “Per Elisa”: da rimanere svenuti dopo trenta secondi. Oggigiorno si utilizzano più i brani dance che però sono altamente sconsigliati in ambito lavorativo. Meglio allora una voce languida e suadente che ripeta “la preghiamo di attendere, saremo da lei il più presto possibile”. 
Per concludere la conversazione sarà poi corretto salutare nuovamente l’interlocutore ringraziandolo per avervi dedicato il suo tempo ed eventualmente rimandandolo ad un altro appuntamento telefonico o ribadendo l’urgenza di certe questioni, con un certo garbo. 
Se vi trovate di fronte ad una segretaria, amabile signora di età spesso incomprensibile, che funge da filtro per il grande capo, mantenete la calma. Purtroppo (o fortunatamente di questi tempi) loro sono lì proprio per quello. Ricordate che coloro che tutelano la tranquillità dei top manager saranno assai più propense ad aiutarvi se sarete gentili ed affabili, se vi ricorderete il loro nome e se cercherete un aggancio il più possibile colloquiale…  
Driiiiiiiiiiiiiinnnnnnnnn scusate mi suona il telefono!

Attenzione al messaggio selvaggio!

Quest’oggi, raggiunta da un tintinnio incessante di campanellini degno dell’arrivo della slitta di Babbo Natale, mi sono soffermata sul pensiero di quanto sia importante ben comunicare e comunicare bene, anche con l’utilizzo degli SMS
Short Message System, oltre al suo acronimo, ormai diffusissimo, lo recuperiamo anche in una espressione che pare gentile e delicata: “messaggino“. Di fatto questi brevi testi, 160 caratteri al massimo, giungono spesso in momenti alquanto inadeguati, ad ore inusitate, con espressioni talmente accorciate da risultare quasi incomprensibili! Come sopravvivere dunque nella giungla telefonica del messaggio-selvaggio? Semplice, distinguendosi.
Ecco qualche piccola norma da tenere sempre presente:
1) No gli sms generalizzati
Nulla vi è di peggio che ricevere uno di quei messaggi che, lo si comprende lontano un miglio, sono stati inviati all’intera rubrica, senza alcun discrimine. “Cari auguri di un natale sereno” basta un tastino e… via! Lo riceveranno tutti: amici, nemici, conoscenti, negozianti… fin’anco l’idraulico! Se non avete il tempo di inserire almeno il nome del destinatario meglio evitare.
2) Niente abbreviazioni eccessive
Capita a volte di ricevere messaggi tanto criptici da diventare incomprensibili. Un testo, seppur breve, se ben scritto ed educato, risulta molto più elegante e gentile rispetto ad un messaggino iperveloce un po’ troppo scarno. Se proprio si ravvisa la necessità di accorciare la comunicazione meglio tagliare sugli articoli e le preposizioni piuttosto che sui “ch”.
Esempio classico: C sai ki viene a party? Nn ho avuto info in qst gg
e.. mi raccomando: firmatevi!
3) Inviare i messaggi in orari decenti
Vi sono persone che lasciano accesi i cellulari anche di notte: per necessità, per lavoro, per dimenticanza. Meglio dunque evitare il messaggino nottetempo se non strattamente, strettissimamente necessario.
4) Tener conto che potrebbero essere fraintesi
Scripta manent, indubbiamente, dicasi lo stesso per tutte quelle espressioni che, non potendosi avvalere del tono suggerito dalla voce, dell’espressività indicata da espressioni facciali più o meno marcate e dell’atteggiamento comunicazione indicato da ogni forma di comunicazione non verbale, potrebbero veni facilmente fraintese da un destinatario che non conoscesse bene il nostro modo di fare…
5) Meglio inviare un riscontro immediato
Non appena riceviamo un messaggio sarebbe buona norma attuare un immediato feedback comunicativo tra noi e la persona che ce lo ha inviato inviando un sms lineare e veloce. Questo permetterà di instaurare subito un miglior canale espressivo che tranquillizzi e dia modo a entrambi di prendere un po’ di tempo. Basterà anche un semplice: Grazie! 

Taxi e bon ton

Ognuno nel proprio lavoro, così come nella vita, si comporta con gli altri un po’ come crede. Esiste chi, da vero perfezionista, è attento ai più minuscoli dettagli e chi invece preferisce godersi una certa “libertà creativa” con allegata licenza poetica.
Possibile sollevare la medesima questione quando capita di farsi accompagnare in taxi in luoghi più o meno reconditi della città, sia questa Milano, Roma, Palermo o qualsiasi altra.
Diciamoci la verità chi non preferirebbe montare su di una macchina, anche piccina, purchè pulita e ben tenuta, accolti da un conducente che saluta cortese al nostro arrivo, apre (di sua spontanea voltontà) il bagagliaio aiutandoci con galanteria ad appoggiare sacche e valigie all’interno e, con un sorriso pieno di vitalità, ci domanda quale percorso preferiremmo per giungere a destinazione in considerazione dell’orario e del traffico cittadino? 
Di contro c’è chi sicuramente apprezza la riservatezza e la quiete di un viaggio silenzioso, assolutamente privo di chiacchiere, per immergersi nella concentrazione dei propri pensieri.
Certo una minima cortesia sarebbe il requisito fondamentale per chi decidesse di dedicare la sua vita professionale a questo genere di servizio pubblico: senza concioni politici improvvisati nei 12 euro di trasbordo, senza grida esaltate alla chiamata del familiare (che a volte viene accolta senza auricolare ma con frasette deliziose del tipo “sì, scarico questa e poi arrivo”), senza sbuffi degni di un uragano del Sud America una volta preso coscienza del fatto che si debba accompagnare un anziano gracile e claudicante a pochi metri di distanza.
La triste realtà è che l’utente non può scegliere. 
Non si può rifiutare un’automobile perchè malandata o maleodorante, non è permesso fare appunti sul ritardo nell’arrivo del taxi previsto in 3 minuti e giunto in 5 (con altrettanto esborso maggiorato), non pare lecito chiedere al conducente di attendere trenta secondi per permetterci di infilare la chiave nel portoncino di casa senza rischiare aggressioni alle spalle.
Non che i clienti si dimostrino assai più cortesi a volte, ammettiamolo, ma se bon ton significa andare un po ‘al di là della semplice buona educazione meglio ricordare e ricordarci che mettere il prossimo a proprio agio, in qualsiasi situazione, è forse una delle regole principali del vivere tutti in armonia.
Viviamo una vita bon ton!

Il cuore in borsetta

Che siano enormi shopper ultra-fashion o minuscole pochette dall’aria bon ton, le borsette di un gran numero di signore e signorine riflettono, oltre che il desiderio di una praticità utile ed essenziale, a volte ineliminabile, del portare con sè il necessario, l’ovvio ed il superfluo (stile lumachina con casetta al seguito) anche una non tanto recondita parte della propria anima, della vita, dei desideri.
La mia nonna diceva sempre che un fazzoletto in borsetta non doveva mai mancare. Oggi come ieri una vera signora avrà dunque salviette d’ogni genere ella desideri, per farne l’uso che crederà (un uso che temo a volte potrebbe far inorridire la mia amata canuta antenata!).
La modernità ci porta poi a non dimenticare gli oggetti di uso più comune: 
Il telefono, gestito possibilmente con una suoneria melodiosa evitando il gracchiare di rane nello stagno o le urla belluine di bambini festanti registrati all’ultima festa di scuola. Ricordate che il telefono andrebbe inserito in un’apposito vano proprio per potervi accedere in breve tempo senza che la borsa continui a vibrare per ore come posseduta da un poltergeist.
Le chiavi. Introvabili, inafferrabili, eternamente vaganti in quell’oceano incontrollato che spesso le sportine si rivelano essere. Suggerisco quindi di dotarle di un elegante moschettone metallico e di agganciarle internamente al un anello o ad un’asola interna alla borsa. Nel rincasare solinghe, anche tardi, non faremo fatica a recuperarle in breve tempo.
Il portafogli. Sempre ricolmo di ogni genere di foglietto, scontrino, ricevuta, disegno di infante e quant’altro possa esservi velocemente stipato e lasciato a macerare financo a divenire fossile nel corso dei mesi… Qualcuno una volta mi suggerì di dividere i documenti dal denaro, così che se mi avessero sottratto il portafogli non avrei dovuto rifare da capo i documenti. Mi fu gabbata l’intera borsetta ahimè…
Piccola trousse. L’indispensabile ci vuole: spazzolina per il capello arruffato da corsa in ufficio, burro cacao emoliente, dentifricio e spazzolino per l’igiene quotidiana, un piccolo set matita-cipria-fard per rinfrescare il trucco mattutino.
Essendo la borsetta una certa qual estensione di me personalmente le preferisco non troppo grandi, anche se capienti, da portare al polso e tendo ad abbellirle con uno dei tanti foulard della mia collezione.
La mia nonna (sempre la stessa non ve ne sono altre!) oltre a ricordarmi che la borsa andrebbe abbinata alle scarpe,  portava con sè un piccolo cuscinetto di stoffa, minuscolo a dire il vero, riempito di ovatta che ogni tanto profumava con la sua essenza preferita. Bastava una passata sul collo da cigno e un effluvio inebriante la avvolgeva come per magia. Lo faccio ancora oggi ed utilizzo un profumo che mi somiglia: una fragranza di biscottino appena sfornato che mette tanta allegria a chi mi sta intorno e che mi ricorda di portare sempre in borsetta un pezzettino del mio cuore e dei miei sogni di bambina.

Ti telefono o no?

Un’odierna telefonata, iniziata e terminata in maniera alquanto brusca, mi ha fatto sovvenire come il bon ton telefonico sia divenuto, anche in tempi di imperanti comunicazioni in velocità, cosa assai rilevante. Ricordiamo qualche semplice regoletta per mantenere un certo contegno anche in presenza di interlocutori piuttosto “tranchant”.

Identificarsi innanzi tutto
Quando si telefona è buona norma salutare il nostro interlocutore con tono gentile e snocciolare immediatamente le proprie generalità proseguendo, sempre con cortesia, nel chiedere della persona con la quale si desideri parlare.
“Buon giorno, sono Carla Rossi, potrei gentilmente parlare con Maria Bianchi?”
Chiedere è lecito, rispondere (con) cortesia
Se chi sta chiamando non dovesse presentarsi in maniera spontanea chi risponde avrà il diritto di chiedere informazioni circa l’interlocutore con il quale si sta conversando mantenendo possibilmente un certo aplomb anche ne caso sorgesse una qualche immediata irritazione.
Glielo passo, anzi no…
Nel caso si debba, o si voglia, fungere da “filtro” alle telefonate sarà opportuno utilizzare frasi di risposta generiche ma debitamente ricercate che non diano all’interlocutore l’impressione che la persona richiesta voglia negarsi espressamente. “Buon giorno Signora Rossi, non so se la Signora Bianchi si trovi in ufficio al momento, mi faccia controllare per favore…”
Sbagliare è umano
Se per errore si dovesse aver digitato il numero sbagliato non sarà certamente molto cortese riattaccare immeditatamente il telefono senza una sola parola ma ci si scuserà con gentilezza con chi ha risposto ammettendo l’errore. Dal canto suo il legittimo proprietario del numero errato dovrà a sua volta comunicare con cortesia che si è commesso un errore magari richiedendo all’interlocutore un possibile controllo incrociato del numero appena composto. Le scuse profuse vanno comunque sempre accettate.
L’ora giusta
Se si parla di telefonate private è opportuno ricordare che la vecchia usanza di rispettare alcune fasce orarie non è mai caduta in disuso. Evitare quindi orari antelucani e squilli a tarda sera. Se dovesse trattarsi di famiglia con bambini ricordare che il momento del pasto e del bagnetto è una situazione di particolare stress attentivo per mamma e piccolo… Quindi meglio sorvolare.
Voci e suonerie
Sempre, sempre, sempre, sempre basse! Entrambe.
SMS e dintorni…
Evitare di scrivere SMS utilizzando un tipo di fraseologia “contratta” assai moderna ma alquanto cafona. Meglio ridurre al minimo i concetti e le parole ma utilizzandole per intero. Da evitare al massimo grado i messaggini “generalisti” inviati all’intero indirizzario. Hanno più spesso un effetto sgradito anzichè ben accetto.

ed infine… telefono si, telefono no:

  • sempre staccato o con suoneria totalmente silenziosa in: cinema, teatri, mostre, ristoranti, conferenze e luoghi di culto
  • alla guida va utilizzato solo con appositi dispositivi quali auricolari e vivavoce che oltre a far evitare una multa salata riescono a distrarre meno il conducente della vettura
  • se il telefono squilla mentre si è in presenza di altre persone ci si scusa e si riduce il tempo di conversazione a pochi attimi per informare il proprio interlocutore che siamo impossibilitati a parlare e che si richiamerà in seguito
  • Se in presenza di ospiti si dovesse avere la necessità di telefonare si chiederà il permesso ai presenti allontanandosi temporaneamente per il tempo della conversazione.

Coltiviamo un po’ di “etichetta telefonica” perchè non sia più considerata un lusso, ma una consuetudine.