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La tavola e quelle piccole cose di ottmo gusto

Ci sono piccole cose che fanno un’enorme differenza. Quando parliamo di tavola questo risulta ancor più evidente. Personalmente ho in mente tre punti fondamentali:
1) Qualità
Nel cibo parlare di qualità del prodotto significa aver cura e rispetto dei propri ospiti e di noi stessi (leggèsi bon ton della tavola). In caso di budget limitato meglio ridurre la scelta e puntare sul gusto.
2) Creatività
Per quanto tradizionalista anche un palato abituato ai sapori più convenzionali apprezzerà accostamenti creativi se saprete metterci quel “tocco” tutto vostro, proprio quello che fa la differenza. Accosta significa anche far in modo che, se non gradito, il connubio possa dirsi sciolto in men che non si dica per gustare le pietanze al naturale senza dover avere per forza la lingua felpata.
3) Presentazione
In milanese si direbbe “un tuchelin de furmac” (grazie Mario! NdR) ovvero “un pezzettino di formaggio” ma presentato come si deve dico io. Guardate la foto e lasciatevi ispirare. Trovate il vostro piccolo tocco e tutto diverrà speciale,  anche un pezzettino di formaggio!

Come vuole il bon ton: really simple, really chic


Really simple, really chic

                                                                                                         photo by rylee hitchner

SOS Bon Ton- Ep. 4 Centrotavola e candele

SOS Bon Ton 
Episodio 4 in onda su SKY
Centrotavola e candele secondo galateo

Il bon ton del Puzzone di Moena… con un tocco di zenzero!

Viva la cucina e viva il bon ton con un… tocco di zenzero!

Oggi:
Il bon ton del Puzzone di Moena

Formaggio, croce e delizia di numerosi amanti della tavola che, tentando di destreggiarsi tra le indicazioni dei gourmet, le ormai onnipresenti intolleranze e la bramosia di un assaggio immediato, si avventano con ingordo desiderio verso il tagliere di queste prelibate leccornie, incuranti dei moniti dell’odiato (e dispendioso) dietologo che sentono riecheggiare nell’orecchio simili al grillo parlante del compianto Pinocchio. Senza contare, ahimè, che vi è pure la questione “galateo della tavola” da tener presente. 
Ecco come offrire, mangiare e godere del formaggio in (soli) cinque punti: 
1) Tempo – Per poter servire i formaggi gustandone il meglio della loro intrinseca bontà sarà opportuno toglierli dal frigorifero almeno un’ora prima del del consumo, ricordandosi che opere d’arte come il Gorgonzola o il Puzzone di Moena potrebbero togliere temporaneamente a voi, grandi chef di casa, il prezioso dono dell’olfatto. Dato che anche gli ospiti sono certamente dotati di questo senso, spesso tanto bistrattato, sarà bene mantenere i nostri tesori debitamente coperti per evitare subitanei svenimenti da parte di chi non gradisse l’offerta, appena varcata la soglia di casa.
2) Varietà – Siccome, come si è detto, non tutti sono estremamente amanti dei formaggi particolarmente saporiti, se deciderete di offrirli a tavola sarà il caso di prepararne un certo numero (almeno quattro varietà) su di un apposito piatto o tagliere, disposti già in sequenza, dal più delicato al più pungente, anche se a volte ciò è di difficile identificazione.
3) Ad ognuno il suo – Sarebbe auspicabile, anche se a volte poco praticabile, preparare un coltello apposito per ciascun pezzo di cacio, soprattutto nelle situazioni formali. Qualunque sia il vostro momento conviviale cercate comunque di prevederne almeno quattro diversi: uno classico a goccia per aprire i formaggi a struttura granulare (Parmigiano e Grana) uno a lama rigida per i formaggi “duri”, uno più flessibile per quelli a pasta morbida ed infine una spatola per i formaggi molli.
4) Taglio perfetto –  I formaggi tondi si tagliano a raggiera, esattamente come le torte, mentre quelli già presenti in grosse fette si incidono per il lato lungo in modo che ogni commensale riceva una parte di crosta, quando questa è presente. Ricordatevi che, visto che il bon ton della tavola esigerebbe che il formaggio venga servito una sola volta, sarà bene prenderne moderatamente, evitando di mollare al commensale accanto solo i rimasugli.
5) Coltello sì, forchetta ni – Al contrario di come avviene per la maggior parte delle pietanze normalmente il formaggio non si mangia con la forchetta, bensì con il coltello. Se ne taglia un piccolo boccone e lo si appoggia, sempre usando il coltello, su un pezzo di pane che servirà poi per introdurlo nelle nostre capaci fauci. Ciò si rivelerà particolarmente utile per i formaggi morbidi e cremosi mentre per quelli duri, o comunque di difficile gestione, sarà certamente consentito utilizzare la forchetta per evitare che pezzetti del prezioso cibo schizzino veloci come proiettili sulla tovaglia di lino o peggio sulla camicetta della signora di fianco.
Per concludere…Degli abbinamenti non mi è dato parlare. Scegliete pure ciò che più vi aggrada: noci, frutta, marmellate et similia. Personalmente io li preferisco al naturale ma visto che il galateo imporrebbe di gustarli solo a pranzo e non a cena avrete (avremo) molto più tempo per smaltire le calorie accumulate e non piangere poi lacrime… di taleggio!

Le 3 regole d’oro per il corretto utilizzo del tovagliolo a tavola

Durante questa lunga estate calda a tavola ne ho viste di indicibili. Se l’atmosfera vacanziera è foriera di risate e attimi goderecci, di cene con gli amici e momenti conviviali rilassati, la vista del tovagliolo simile ad un feticcio imputridito lasciato in bella vista sul tavolo o peggio assimilato ad una sacra sindone, e per questo motivo mai neanche toccato, ha del raccapricciante.

Ecco le tre regole d’oro per il corretto utilizzo del tovagliolo a tavola:

1) Il tovagliolo è parte integrante di una buona educazione conviviale e non va  dimenticato in un angolo accanto al piatto. Una volta che ci si sia accomodati al nostro posto avremo cura di appoggiarlo in grembo senza indugio. Quando sia più corretto farlo, se immediatamente dopo esserci seduti o all’inizio del pasto vero e proprio, non è cosa di particolare rilevanza. Come dire, fate un po’ come vi pare… E’ invece l’impiego di per se stesso ad essere obbligato.

2)  Il tovagliolo non va aperto completamente, ne’ tantomeno steso sulle cosce come se fosse una coperta di lana alla quale manchi solo il gatto per completare un idilliaco quadrettino. La cosa più corretta è spiegarne un solo lembo lasciando che il pezzo di stoffa rimanga delle fattezze di un rettangolo, con due lati ripiegati su loro stessi.  Durante la cena avremo cura di pulirci le labbra con la sola parte interna del tovagliolo che poi ripiegheremo nuovamente sull’altra. 

In questo modo otterremo due risultati: il primo sarà di nascondere a noi e agli altri le orribili macchie inevitabilmente prodotte sul tessuto, il secondo sarà di non sporcare i nostri abiti (o la tovaglia) in quanto tutta la parte imbrattata sarà chiusa all’interno dei due lembi. 

3) Una volta terminato il pasto, il tovagliolo non dovrà essere ripiegato bensì appoggiato seppur compostamente alla sinistra del piatto.

Ricordo che il tovagliolo si rivela un indispensabile amico pronto a soccorrerci pochi attimi prima di appoggiare le labbra al bicchiere per ingurgitare qualsivoglia genere di bevanda. Nulla è più spaventosamente stomachevole che doversi sorbire tutta la sera l’atroce vista del bicchiere orrendamente impiastricciato del commensale accanto.

Niente nero a tavola?

Niente nero di seppia ad un evento conviviale formale. Questo prescrive il galateo della tavola e una sana lungimiranza che vorrebbe preservare il classico sorriso a trentadue denti dalla fastidiosa patina scura che potrebbe apparire sulla dentatura non appena ingurgitato il primo succulento boccone. Eppure capita che proprio il famigerato risotto al nero di seppia sia protagonista anche di una cena importante. 
Che fare dunque? Il trucco c’è!
Si cercherà gustare il piatto a piccoli bocconi facendo in modo che i chicchi di riso vengano appoggiati direttamente sulla lingua senza toccare nè le labbra nè la parte esterna dei denti. Si dovrà curarsi o poi che il boccone rimanga in bocca serrando la dentatura lasciando le labbra leggermente socchiuse in modo tale che la forchetta non abbia a che toccare alcuna delle parti esterne. In questo modo si conterranno i danni senza rimanere completamente digiuni, non solo, si darà l’impressione ai commensali di gradire con piacere il piatto gustandone ogni, scurissimo, chicco.