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Bon ton del tracannamento rapido dalla bottiglia

Una delle facente che più detesto al mondo è l’esser costretta a bere direttamente dalla bottiglia. Certo, in alcune situazioni è impensabile poter avere un bel bicchiere di cristallo a portata di mano ma piuttosto che attaccarmi (letteralmente) alla bottiglia preferirei tenermi la lingua felpata e l’arsura devastante.
Esagerata? Magari lo sono. E’ che bevendo direttamente dalla bottiglia non riesco mai ad uscire da quell’etichetta di “semi-alcolizzata-sbevazzona” che mi sento appiccicata addosso non appena tento l’abbeveramento “diretto”, fosse anche una bottiglia di gazzosa o chinotto. 
Ci ho tentato, ve lo giuro, ad impersonificare una sorta di donna “rock” forte, intensa, agguerrita, proponendo a me stessa e agli altri un’immagine easy e molto, molto shabby. I risultati sono stati a dir poco esilaranti.
Sarà perché credo che anche un gesto semplice come quello di portare alle labbra un bicchier d’acqua possa essere compiuto con quella certa maliziosa eleganza assai difficile da raggiungere con l’utilizzo di un collo di bottiglia, di plastica o di vetro che sia. 
Certo, mi fa sobbalzare (per non dir svenire) anche la vista del mignolino librato nell’aria, ancora oggi simbolo di fanciulle demodè e affatto chic! Non per niente i maestri di etichetta di varie corti reali trascorrono intere giornate con i neo-monarchi per insegnar loro l’arte della convivialità di cui il bere è senza dubbio  parte integrante.
Dal basso della mia umile corte di casa suggerisco di limitare l’approvvigionamento di liquidi direttamente dalla bottiglia ad una reidratazione in campo sportivo. 
Tolte le scarpe da jogging sarà forse  meglio riprendere in mano un pizzico di femminilità e chiedere gentilmente di poter avere… un bicchiere, per favore.

Poche regole per una buona educazione a scuola

Settembre è sempre un mese molto ricco di appuntamenti sia per i genitori che per i bambini che si trovano a dover affrontare una serie di novità e cambiamenti delle abitudini consolidate durante il periodo estivo. Che si tratti di una ripresa dell’iter scolastico o dell’inizio di una nuova avventura, i genitori potrebbero cogliere al volo l’occasione di insegnare (o rinfrescare) ai loro pargoletti qualche regola di base che potrebbe aiutarli a vivere meglio i mesi a venire. Nella società in generale, e nella scuola in particolare, esistono alcune norme che dovrebbero essere date come imprescindibili per le personalità in via di definizione come quelle dei piccoli, ma esistono anche accorgimenti più easy che potranno facilitare di  molto anche il loro rapporto con i coetanei, vediamone qualcuna:
Abbigliamento – La scuola non è una spiaggia, un campo da tennis o una passerella di alta moda. Si tratta di un ambiente semi-formale dove anche l’aspetto estetico ha un suo ruolo: insegnate ai piccoli a scegliere gli abiti più adatti al contesto lasciandoli però liberi di esprimere la loro personalità e i loro gusti. Se riuscirete ad educarli ad una certa compostezza e ad evitare gli eccessi sarà una conquista (almeno fino all’adolescenza, quando ricominceranno i dolori!)
Puntualità – Arrivare in orario per l’inizio delle lezioni non è solo un dovere, ma anche un segno di attenzione e riguardo verso gli altri. Spiegate ai bambini l’importanza della puntualità e adeguate le tempistiche di sveglia e preparazione mattiniera ai nuovi ritmi cercando di responsabilizzarlo, senza troppe angosce però!
Il saluto – L’approccio verso gli altri è fondamentale. Un saluto allegro ma decoroso come “Buongiorno!” sia ai compagni che alla maestra non pare più molto di moda: peccato perché non soltanto farebbe in modo che il vostro pulcino venga tenuto in gran considerazione, ma aumenterebbe anche la sua autostima nel momento stesso in cui l’espressione venisse copiata anche dagli altri compagni diventando una sorta di tendenza del momento. Il caro vecchio “ciao” è comunque pur sempre molto gradito.
Niente parolacce – Non potrete evitare che il turpiloquio non tocchi mai le labbra dei vostri pargoli, questo potrete immaginarlo da voi, eppure sarà necessario che siate inflessibili sull’argomento per quanto concerne l’ambiente scolastico. Cercate di fare in modo che le parolacce suonino alquanto raccapriccianti e sgradevoli  soprattutto se dette da un bambino, anche se qualche compagno ne dovesse far uso. Per far questo potreste portagli come esempio il suo personaggio preferito (un cartone animato, un peluche o una persona) mentre si accinge a proferire parole tutt’altro che educate. A lui farà una pessima impressione e voi potrete rincarare la dose.
Condividere – Capita, a volte che qualche bimbo, per svariate ragioni, si presenti in classe senza merenda oppure che si sia dimenticato la penna, la gomma o il quaderno a casa. Spiegate a vostro figlio l’importanza della condivisione e del mutuo soccorso, raccomandategli di essere sempre disponibile consigliandogli vivamente di non chiudersi in un ostinato egoismo perché potrebbe un giorno toccare in sorte proprio a lui una situazione similare.Infine, ricordate che insegnare ai bambini a suggerire e far copiare i compagni (senza farsi scoprire dalla maestra mi raccomando!) apre alla gentilezza, aguzza l’ingegno e sviluppa il senso di comunanza con gli altri. Che volete di più?                                                                           

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Una pedalata in stile bon ton

Tanto si parla della cattiva educazione di automobilisti più o meno arroganti che fanno spesso mostra di inciviltà con un uso dell’automobile affatto rispettoso del comune viere civile, in special modo nelle grandi città. Ma se è vero che gli amanti delle due ruote si trovano spesso in grandi difficoltà nella gestione dello spazio stradale con i colleghi che di ruote ne hanno quattro, è pur certo che un buon numero di ciclisti cittadini  fanno spesso mostra di assoluta villania nell’uso del proprio mezzo. Ai marciapiedi bisognerebbe ormai trovare un nome diverso, molto più appropriato alla destinazione d’uso, perché è molto più probabile veder transitare veicoli di ogni tipo sullo spazio ipoteticamente riservato ai pedoni: biciclette inforcate da signore di ogni età che strombazzano con campanelli dai suoni più inusuali per chiedere strada a quei poveretti che camminano verso la loro meta, magari assorti nei loro pensieri, o intenti ad adocchiare la vetrina al proprio passaggio, arrivando a mezzo millimetro dal polpaccio del pedone che dovesse intralciare la loro strada .
Non solo ciclisti sul marciapiede, ma contromano, a velocità così sostenuta da essere degna di una tappa a cronometro  al giro d’Italia, che pretendono di “riappropriarsi” degli spazi che sono stati loro tolti da un’entità non ben definita.
E’ vero che di piste ciclabili ve ne sono ben poche, soprattutto nelle grandi città, ma mi chiedo se certe signore, armate di seggiolini per i pargoli posizionati avanti e dietro (dove spesso i bimbi vengono caricati senza alcuna protezione per la testa), che pedalano allegramente sfoggiando un abbigliamento del tutto inadeguato tipo minigonna ascellare e tacco dodici, che ne frattempo parlano al telefonino, non rispettano il rosso, lo stop, né le precedenze e che pure si infuriano contro chi abbia la malsana idea di protestare contro queste modalità incivili, sarebbero altrettanto spavalde se la sicurezza cittadina decidesse di multare ogni comportamento non ligio al codice della strada, dato che, come riporta lo stesso codice, la bicicletta è da considerarsi comunque un veicolo.
Favorevolissima alla costruzione di spazi ciclabili (che utilizzerei volentieri anch’io) ricordo però agli amanti delle due ruote che, essendo la realtà dei fatti ben diversa da un’utopistica città ideale per le due ruote, o si rispettano le regole oppure si è destinati a essere oggetto degli improperi di un gran numero di utenti, motorizzati e non, anche mentre si tenta di far presenti le necessità di chi, bontà sua, all’automobile ingombrante e fonte d’inquinamento, preferisce una ben più salutare pedalata in bicicletta.

Buona educazione anche in ascensore

Quante volte ci capita di dover salire in ascensore per raggiungere il luogo di lavoro, un ufficio pubblico o semplicemente per rientrare a casa dopo una giornata intensa e faticosa? Innumerevoli ovviamente. Tralasciando il fatto che sarebbe forse più auspicabile (salute fisica permettendo) farsi qualche bel piano a piedi per smaltire un po’ di calorie, vediamo un po’ quali sono le regolette di base per mantenere un certo bon ton anche in uno spazio così ristretto.
Si fa
1) Si saluta sempre, entrando ed uscendo dalla cabina. Regola basilare ma fondamentale per una buona convivenza civile.
2) Entrando con altre persone si chiederà loro il piano di destinazione in modo tale da permettere all’ascensore di salire o scendere con ordine senza che questo rimbalzi tra i piani come una molla.
3) In cabina gli uomini toglieranno il cappello, anche se ci si trovasse appena rientrati da una tempesta artica a – 50°.
4) In presenza di un unico altro utilizzatore sarà educato posizionarsi all’angolo opposto della cabina in modo da non invadere il suo “spazio vitale“.
5) Se si stanno utilizzando apparecchi per ascoltare la musica sarà buona educazione spegnerli e togliere gli auricolari dalle orecchie (anche un po’ per evitare lo stile “agente segreto in missione”).
6) L’ordine di entrata, ma soprattutto di uscita, è il seguente: prima le signore, poi gli anziani, quindi le persone di particolare riguardo, infine tutti gli altri.
Non si fa
1) In ascensore non si parla al telefono, in particolar modo non si grida al telefono! Scene del tipo “Prontooooooo? Cooosaaaaa? Scusa sono in ascensore e non c’è campooooo” sono a dir poco terrificanti!
2) Se l’ascensore è stipato di persone non si tenta un’azione di sfondamento per riuscire a prendere la corsa. Si attenderà che la cabina ridiscenda più libera.
3) Se non si desidera che Radio Ascensore International divulghi in meno di sette secondi netti notizie false e tendenziose meglio non fare accenno a fatti e fattacci propri o di persone che possano essere conosciute, in particolar modo negli ambienti di lavoro.
4) Se siamo malaticci e costipati si avrà cura di non tossire, nè starnutire, in faccia ai poveri malcapitati che hanno avuto la sventura di salire in cabina con noi.
5) Se vi state recando a cena da un amico e comprendete che gli altri occupanti dell’ascensore sono senza dubbio invitati anch’essi (sarà facile capirlo dal pacchetto verde con fioccone rosa) sarà bene a quel punto presentarsi.
6) Evitiamo di continuare a premete ripetutamente il bottone del piano come se ci avesse morso la tarantola assassina. L’ascensore non andrà certo più veloce per questo.
Ma il consiglio pi importante è: offrite sempre un bel sorriso! Sarà il modo migliore di far volare i pochi ma lunghissimi secondi di salite e discese!

Buoni maestri, cattivi maestri

Come ha giustamente evidenziato un grande Maestro quando parliamo di “educazione” dovremmo utilizzare questo termine con la sola accezione che gli è propria dal punto di vista etimologico e derivante dal verbo latino “EDUCARE” composto dalla particella ex (da, di, fuori) e ducere (condurre, trarre).
La spiegazione etimologicamente accettata infatti è che questo verbo indichi:”l’aiutare con opportuna disciplina a metter in atto, a svolgerele buone inclinazioni dell’animo e le potenze delle mente, e a combattere le inclinazioni non buone: lo è condur fuori l’uomo dai difetti originali della rozza natura, instillando abiti di moralità e di buona creanza. Altrimenti: allevare, istruire.”
Dal punto di vista prettamente filosofico però la questione pone dei dubbi. Il vocabolo sembra perdere il suo elemento formale per acquistarne uno concettualmente molto più neutro: ossia che il termine “educazione” possa anche predisporre l’uomo ad un comportamento non propriamente corretto, almeno secondo i canoni comuni.
In considerazione di questo possiamo pensare che da un individuo possa venire estrapolata non solo la parte migliore, ma anche quella peggiore che fa leva sulla malvagità, sulla perfidia e sulla scelleratezza, perchè purtroppo tutto ciò è una realtà. Quanto bene conosciamo alcuni esempi di cattivi maestri che purtroppo formano altrettanto terribili discepoli!
Di questo molto hanno dissertato filosofi e poeti e, volgendo lo sguardo e la memoria ad un lontano trascorso liceale, mi sovviene come, sofisticamente parlando, si possa certamente argomentare su entrambi i sensi della parola stessa. Personalmente ne cercherei una certa contestualizzazione moderna.

Calligrafia: esempio di buona educazione.

Come riprendeva ieri dalle pagine del Corriere delle Sera l’illustre Fulvio Scaparro, docente di Psicopedagogia e Psicologia, nonchè mio esimio (ed indimenticato) professore ai tempi dell’Università, stiamo celebrando da tempo la perdita della calligrafia ovvero della “bella scrittura”.
Nulla ha a che fare con questa mesta considerazione il fatto che sempre più si utilizzino mezzi di comunicazione che poco sfruttino i graziosi svolazzi di una bella frase scritta in semplice italico.
Riflettiamo su quanto ci stupisca oggi il ricevere un messaggio non dico ben scritto, ma più semplicemente appena comprensibile, letto su un pezzo di carta effettivamente tangibile e non virtuale, meglio ancora se gradevole al tatto e preziosa nella tramatura.
Sembra quasi che questa pratica, ormai in via di decadimento, possa perfino riuscire ad elevare il fiero autore ad un più alto rango socioculturale mentre, se solo ci fermassimo a ripensare ai tempi delle nostre nonne, ci sovverrebbe come gli esercizi di calligrafia fossero di uso comune e come anche le istituzioni scolastiche ponessero grande attenzione all’argomento.
Quisquilie? Forse.
Non si pretende certo un messaggio al capoufficio scritto in carattere gotico o in Onciale, eppure concordo con il Professore che l’uso di una scrittura a mano chiara e comprensibile sia invece irrinunciabile segno di educazione, gentilezza e cura non solo verso il prossimo, ma in primo luogo verso noi stessi, per non lasciar cadere nell’oblio quelle “sudate carte” di antica memoria.