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Piccola storia del menu

La parola menu, scritta senza accento se detta alla francese ma con accento se detta all’italiana, deriva dal termine “minuta” ovvero un lista breve e concisa dei piatti da servirsi durante la cena scritta a mano o stampata su un unico cartoncino. Non si tratta quindi, erroneamente a quanto si creda, dell’elenco di tutte le pietanze disponibili nel ristorante in cui ci troviamo. Quest’ultima è invece invece “carta delle vivande” o più comunemente “carta“.
Il menu così come oggi lo conosciamo apparve per la prima volta sulle tavole nel lontano 1850 durante un banchetto offerto dall’ambasciatore di Russia alla corte di Napoleone III. Durante questo ricevimento infatti si utilizzò il così detto “servizio alla russa” ovvero la proposta di singoli piatti in successione, al posto dell’allora diffusissimo “servizio alla francese” ovvero lo sfoggio (e il servizio) dell’intera serie di vivande in contemporanea sulla tavola.
Il galateo non vorrebbe mai il menu appoggiato direttamente sul piatto.  Meglio utilizzare il tovagliolo come base per il cartoncino o, meglio ancora, posarlo a fianco del piatto, sulla tovaglia.

La tavola e quelle piccole cose di ottmo gusto

Ci sono piccole cose che fanno un’enorme differenza. Quando parliamo di tavola questo risulta ancor più evidente. Personalmente ho in mente tre punti fondamentali:
1) Qualità
Nel cibo parlare di qualità del prodotto significa aver cura e rispetto dei propri ospiti e di noi stessi (leggèsi bon ton della tavola). In caso di budget limitato meglio ridurre la scelta e puntare sul gusto.
2) Creatività
Per quanto tradizionalista anche un palato abituato ai sapori più convenzionali apprezzerà accostamenti creativi se saprete metterci quel “tocco” tutto vostro, proprio quello che fa la differenza. Accosta significa anche far in modo che, se non gradito, il connubio possa dirsi sciolto in men che non si dica per gustare le pietanze al naturale senza dover avere per forza la lingua felpata.
3) Presentazione
In milanese si direbbe “un tuchelin de furmac” (grazie Mario! NdR) ovvero “un pezzettino di formaggio” ma presentato come si deve dico io. Guardate la foto e lasciatevi ispirare. Trovate il vostro piccolo tocco e tutto diverrà speciale,  anche un pezzettino di formaggio!

Mise en place colorate per riprenderci la primavera!

Ho voglia di nuovo, di colore, di allegria. Voi no?
Dunque ho deciso di invitare gli amici 
per far quattro chiacchierine e mettere qualcosa sotto i denti.
Mi lascio (e vi lascio) ispirare da quale mise en place divertente, 
senza badare troppo alla formalità della tavola 
ma per il sollazzo degli occhi e l’attenzione ai sorrisi.
Buon fine settimana a tutti!

Stylish blue
Deliziosamente creativa
Semplice e coloratissima

Raffinata ma informale
Neo-romantica

La tavola di Natale

Idee ed ispirazioni replicabili con una punta di personalità… la vostra!

 


Tutta colpa di Julia Roberts! Piccola storia bon ton di crostacei, molluschi e… lumache

Chi mi conosce lo sa bene, adoro i crostacei, i molluschi ed ogni altro animale (o essere vivente dotato di pseudopodi) sia commestibile, meglio se intinto in gustosi brodetti dal profumo invitante. Eppure assaporarli mantenendo un certo contegno e non imbrattare il metroquadro circostante con schizzi e rimasugli di carapace in stile esplosione termonucleare globale non sempre risulta di estrema facilità.
Basta trovarsi davanti un piattino di lumache fumanti, giustapposte nel loro piattino con i buchi, per far correre immediatamente il pensiero all’indimenticato “Pretty Woman” celeberrimo film in cui la protagonista Julia Roberts, elegantemente agghindata in abito da sera, perdeva rovinosamente la sua battaglia con les escargots à la bourguignonne, fatte volare a parabola dal piatto e finite nella generosa scollatura della signora del tavolo accanto, marchiata a fuoco dalla temperatura del guscio e macchiata a vita dall’onta del sughetto oleoso.
Di fatto sfido anche i più dediti alle 50 sfumature di qualsiasi colorazione a destreggiarsi con quello strano strumento di tortura che sembrano essere le apposite pinze che il galateo imporrebbe usate per tener fermo il piccolo animale ormai defunto e fumante prima che divenga sollazzo per il palato.
L’arnese in questione infatti è l’unico caso di pinza a pressione inversa: si allarga quando la stringiamo per serrare la morsa quando la rilasciamo, tutto così complicato che se la lumachina non sarà infilata adeguatamente rischia di certo la partenza per l’iperspazio.
Ma non solo! Gamberetti, mazzancolle, astici e conchiglie non sono certo meno difficili delle nostre amichette striscianti.
Primissimo punto per destreggiarsi con nonchalance alla tavola imbandita di questo genere di squisitezze sarà dunque conoscere e riconoscere le posate adeguate. Oltre ai classici coltello e forchetta da pesce infatti, in un’occasione nella quale siano presenti crostacei o molluschi, dovrebbero completare la tavola:
Una forchettina piccola, corta e a due punte che normalmente viene posizionata a destra del piatto e che si rivelerà essere la nostra migliore amica per poter agguantare senza problemi conchiglie e molluschi
Una lama a cucchiaio per crostacei. Questa posata, particolarmente inusuale e non sempre riconoscibilissima, è di solito molto lunga e sottile, e termina con un cucchiaino a spatola all’estremità inferiore e con una forchetta a due punte a quella superiore.
Le pinze, a volte reperibili in fogge stravaganti, servono infine per rompere gli involucri duri delle zampe e per le cheleLa questione non è tanto ascrivibile tanto ai momenti informali dove la degustazione di vongole, cozze e succulenti carapaci di crostacei grandi e piccoli potrebbe di fatto non essere un grosso problema anche se effettuato con l’uso delle mani (fermo restando che il risucchio è cosa sgradevolissima da rifuggire al massimo livello) quanto alle situazioni più formali dove, ormai tutti lo sanno, questo genere di amenità dovrebbe essere assolutamente evitata. 
Per non sfigurare al ristorante pensando che un novello Richard Gere potrebbe essere appostato dietro la felce all’entrata, sarà bene ricordarsi che tutte le conchiglie richiedono di essere mangiate con la forchetta e che le ostriche si dovrebbero tenere con la mano sinistra e mentre l’apposita forchettina brandita nella destra, staccherà il mollusco dal guscio per introdurlo nelle vostre capaci fauci. 
Se siete stati favoriti dalla sorte e avete di fronte un astice ma così sventurati da capire che il cuoco cinese, impegnato in un efferato delitto, si è dimenticato di spolpare l’animale per ricomporlo nel suo guscio così come di converrebbe in un’occasione formale, dovrete far da soli: utilizzate le mani e pinze per spezzare i gusci e cercate di rimuovere la carne con l’uso dell’apposita posata lunga dotata due punte acuminate. Dopo aver gustato la pietanza lavatevi nella coppetta lavadita cercando di non provocare il solito tsunami provocando la fuoriuscita delle fettine di limone, in alternativa utilizzate le (orribili ma quantomai utili) salviette in dotazione a molti ristoranti.

Un ultimo consiglio: evitate di infilare in bocca le zampette dei crostacei tentando di estrarvi l’inestraibile con il rischio di diventare cianotici. Meglio poco con gran gusto che poco di più con poco buon gusto.
Leggi l’articolo anche su Un Tocco di Zenzero

Le 3 regole d’oro per il corretto utilizzo del tovagliolo a tavola

Durante questa lunga estate calda a tavola ne ho viste di indicibili. Se l’atmosfera vacanziera è foriera di risate e attimi goderecci, di cene con gli amici e momenti conviviali rilassati, la vista del tovagliolo simile ad un feticcio imputridito lasciato in bella vista sul tavolo o peggio assimilato ad una sacra sindone, e per questo motivo mai neanche toccato, ha del raccapricciante.

Ecco le tre regole d’oro per il corretto utilizzo del tovagliolo a tavola:

1) Il tovagliolo è parte integrante di una buona educazione conviviale e non va  dimenticato in un angolo accanto al piatto. Una volta che ci si sia accomodati al nostro posto avremo cura di appoggiarlo in grembo senza indugio. Quando sia più corretto farlo, se immediatamente dopo esserci seduti o all’inizio del pasto vero e proprio, non è cosa di particolare rilevanza. Come dire, fate un po’ come vi pare… E’ invece l’impiego di per se stesso ad essere obbligato.

2)  Il tovagliolo non va aperto completamente, ne’ tantomeno steso sulle cosce come se fosse una coperta di lana alla quale manchi solo il gatto per completare un idilliaco quadrettino. La cosa più corretta è spiegarne un solo lembo lasciando che il pezzo di stoffa rimanga delle fattezze di un rettangolo, con due lati ripiegati su loro stessi.  Durante la cena avremo cura di pulirci le labbra con la sola parte interna del tovagliolo che poi ripiegheremo nuovamente sull’altra. 

In questo modo otterremo due risultati: il primo sarà di nascondere a noi e agli altri le orribili macchie inevitabilmente prodotte sul tessuto, il secondo sarà di non sporcare i nostri abiti (o la tovaglia) in quanto tutta la parte imbrattata sarà chiusa all’interno dei due lembi. 

3) Una volta terminato il pasto, il tovagliolo non dovrà essere ripiegato bensì appoggiato seppur compostamente alla sinistra del piatto.

Ricordo che il tovagliolo si rivela un indispensabile amico pronto a soccorrerci pochi attimi prima di appoggiare le labbra al bicchiere per ingurgitare qualsivoglia genere di bevanda. Nulla è più spaventosamente stomachevole che doversi sorbire tutta la sera l’atroce vista del bicchiere orrendamente impiastricciato del commensale accanto.